Giovedì 29 novembre, a Como presso l’Istituto Santa Croce in via Tommaso Grossi 50, ospiti delle Suore Ancelle di Gesù Crocefisso, si sono ricordati e festeggiati i 92 anni dell’Opera don Folci.
Nel corso della giornata i partecipanti si sono riuniti, dopo un’ora di adorazione comunitaria, per rispondere ai primi due quesiti sulla figura del prete, proposti dall’XI° SINODO della diocesi di Como.
Le domande erano:
- Ti chiedo di dare indicazioni sul modo di favorire, nella prassi ordinaria della tua comunità, la presa di coscienza dell’importanza del ministero ordinato, così che [a.] i giovani che Dio chiama siano incoraggiati a rispondere coraggiosamente al suo invito [b.] e tutti i battezzati si sentano sollecitati a sostenere i preti nel loro ministero, tanto nelle più comuni esigenze della vita quotidiana che in particolari momenti di difficoltà.
- Ti chiedo di suggerire il modo di sgravare i preti della tua comunità da “uffici” e “incombenze” che, invece di favorire, soffocano l’esercizio del ministero loro affidato, così che essi possano dedicarsi stabilmente e a tempo pieno all’annuncio del Vangelo, all’amministrazione dei sacramenti, all’accompagnamento premuroso del popolo di Dio, come testimoni e annunciatori della misericordia che salva.
Ecco una breve sintesi delle riflessioni emerse durante l’incontro:
Si è osservato che la formulazione degli stessi quesiti analizzati sembra essere limitata, in quanto le ‘incombenze’ di cui si parla non spettano solo al prete, ma coinvolgono pure i laici di una comunità, chiamati ad assumersi la responsabilità di annunciare e testimoniare il messaggio evangelico. Il discorso, comunque, non pare in contraddizione perché l’impegno dei laici nelle nostre parrocchie risulta essere ben accettato e ritenuto prezioso ai fini della vita comunitaria. Lo scopo è proprio quello di sgravare il parroco da certe ‘incombenze’ di natura materiale, soprattutto se si tratta di compiti inerenti ad alcuni ambiti non prettamente ecclesiastici.
Bisogna pensare sempre più di frequente a una chiesa sinodale, così come suggerisce il Papa, in cui si sentano corresponsabili sia i sacerdoti sia i laici, in modo da evitare che i preti si sentano sul piedistallo e i laici menefreghisti. In tal caso, è bene che i presbiteri si fidino maggiormente dei laici, chiedendo collaborazione e affidando loro specifici compiti di responsabilità.
Fin dal seminario, i futuri sacerdoti devono essere formati ed educati ad aprirsi ai fedeli, onde evitare problemi di clericalismo per cui alcuni laici ‘inamovibili’ si sentano investiti di poteri speciali, al punto da sostituirsi ai parroci medesimi. Per non correre simili rischi, sarebbe opportuno che i responsabili di comunità non vengano sottoposti a continui trasferimenti da una parrocchia all’altra e che chi gli subentra non pretenda sempre di cominciare daccapo l’esperienza e il cammino già compiuti fino a quel momento. Se si conoscono meglio i fedeli, anche il prete incontrerebbe meno problemi a condurre una comunità, riuscendo a trovare gente disposta e più adatta ad assumere certe responsabilità e a mettersi a servizio della collettività.
Esiste comunque il rischio che a impegnarsi per la chiesa, in oratorio, nell’attività sportiva, teatrale,culturale… siano sempre le medesime persone, impedendo magari di lasciare spazio ad altri volontari. Proprio per questo, c’è da chiedersi da una parte quale tipo di testimonianza ‘i collaboratori’ offrono all’interno e all’esterno della comunità e, dall’altra, che cosa chiediamo al sacerdote. Il cambiamento dovrebbe iniziare dalla curia, permettendo che alcune responsabilità di gestione e di conduzione in determinati gruppi, enti o associazioni siano affidate a dei laici preparati: si pensi ad alcune figure già esistenti e comunque da valorizzare, come ad esempio l’accolitato, il lettorato, il diaconato permanente, il catechista, il ministro straordinario per l’Eucaristia, vocazioni di speciale consacrazione (Ordo Virginum) oppure a realtà preesistenti come gruppi di preghiera, gruppi di adorazione settimanale/mensile, movimenti di particolare spiritualità…
Come Associazione di ex-alunni ed amici di don Folci, bisognerebbe che a settembre, in occasione dell’Assemblea Annuale, ogni partecipante portasse la propria esperienza di impegno parrocchiale, rispondendo alla semplice domanda: in che modo e in che misura cerco di aiutare i sacerdoti della mia parrocchia?
In definitiva, sarebbe utile e opportuno interrogarci su cosa possiamo esigere dal prete, rifacendoci alla chiesa primitiva, in cui erano importanti quattro pilastri: preghiera comune, ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, distribuzione equa dei beni ed Eucaristia o frazione del pane.
Occorre convincerci che Dio chiama ciascuno di noi a una missione tramite una chiamata personale, all’interno di una comunità di battezzati che è la Chiesa. Oggi è ancora possibile rifarci a questo modello e valorizzare il Battesimo, inteso come chiamata di Dio e risposta del fedele. Quindi è necessario pensare all’Ordine e al Matrimonio come sacramenti di scelte definitive, con implicazioni sociali evidenti. Per quale motivo, oggi, un giovane dovrebbe scegliere di diventare prete?
Nelle nostre comunità stiamo riscontrando non pochi problemi e difficoltà. Che la possono minare alla sue basi: disfacimento delle famiglie cristiane, mancanza di direzione spirituale per una vita cristiana coerente e coraggiosa, limitazione sempre più evidente di tempo e spazio da dedicare alla preghiera, percezione di una forte disaffezione verso il messaggio del Vangelo e tutto ciò che è cristiano. Ecco che allora s’incontrano sempre più persone che si definiscono magari credenti, ma non praticanti, non dimostrando di essere ‘pietre vive’.
Dopo il pranzo condiviso e un momento di relax, don Guido Calvi ha offerto a tutti i partecipanti uno sguardo attento e calzante sulla personalità di Paolo VI, dal punto di vista dell’umiltà.
È seguita la santa messa a ricordo dei 92 anni di fondazione dell’Opera don Folci.
Quella trascorsa insieme il 29 novembre scorso è stata una bella, splendida giornata, trascorsa insieme, in fraternità, letizia e condivisione fra suore, preti, laici e laiche. Un grazie particolare va ai due sacerdoti che ci hanno accompagnati nei vari momenti (adorazione, riflessioni sulla figura del prete, lezione-meditazione su san Paolo VI, santa messa concelebrata), e a tutti coloro che (una quarantina i partecipanti) hanno dimostrato di credere ancora nell’ideale sacerdotale di don Folci e in un futuro radioso e proficuo della sua creatura.
Mi sento in dovere poi di esprimere grande riconoscenza alle ‘donne’ (ancelle ed amiche) che, come nel Vangelo, ci hanno messo l’anima, in quanto a generosità, sensibilità e passione, perché il 92° di fondazione dell’Opera don Folci riuscisse nel migliore dei modi: e ci sono meravigliosamente riuscite!
(Silvano Magni, Presidente Associazione ex-alunni e amici Opera don Giovanni Folci)